Recensioni Reviews
Scheda
Soggetto:
Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo
Sceneggiatura:
Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo
Regia:
Alejandro González Iñárritu
Prodotto da:
New Regency Pictures, Worldview Entertainment
Distribuito da:
20th Century Fox
Edizione italiana:
Time Out
Dialoghi italiani:
Massimo Giuliani
Direttore del Doppiaggio:
Massimo Giuliani
Assistente al doppiaggio:
Eleonora Erin
Fonico di doppiaggio:
Sandro Galluzzo
Fonico di mix:
Fabio Tosti
Sonorizzazione:
Cdc Sefit Group
Voci:
Michael Keaton:
MASSIMO ROSSI
Edward Norton:
SIMONE D'ANDREA
Emma Stone:
ALESSIA AMENDOLA
Zach Galifianakis:
STEFANO BENASSI
Naomi Watts:
BARBARA DE BORTOLI
Andrea Riseborough:
LAURA ROMANO
Amy Ryan:
CHIARA COLIZZI
Lindsay Duncan:
BARBARA CASTRACANE
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
dialoghi italiani |
2 | |||
direzione del doppiaggio |
2 | |||
![]() |
||||
![]() |
||||
![]() |
||||
![]() |
||||
![]() |
Con Birdman Iñárritu prosegue la sua spietata descrizione del fallimento strutturale alla condizione umana, utilizzando la cornice narrativa del rapporto con la fama e il successo, dentro la quale si svela la più ardua questione di quanto sia sostenibile il peso della rappresentazione di sé.
Riggan è l’emblema dell’uomo di oggi; il suo essere attore rende massimamente esplicito il conflitto tra i diversi, intrecciati, contraddittori livelli di rappresentazione di sé cui siamo costretti: il successo che ha ottenuto è anche ciò che lo condanna a un cliché nazional-popolare, per uscire dal quale egli è costretto a rappresentarsi capace di misurarsi con qualcosa di più alto, che lo faccia accettare in un mondo in cui sia l’oggetto (il teatro) sia i soggetti (gli attori, il critico, gli spettatori) sono rappresentazioni. D’altra parte anche nella commedia privata Riggan è confinato in una parte, che la vita pubblica (il testo teatrale rappresentato) non è in grado di esorcizzare ma riesce solo ad amplificare.
I vari piani del reale – vita, incubo, palcoscenico, mondo esterno – sono costantemente e ossessivamente sovrapposti, in una sorta di monologo interiore in cui il lungo, infinito piano sequenza che costituisce il film ci immerge irrevocabilmente.
Tradurre tutto questo in un’altra lingua era di sicuro un’impresa ardua, perché si trattava di restituire, attraverso il testo e la recitazione, quanto più possibile di queste implicazioni.
Il doppiaggio italiano, ritengo, non riesce nell’intento. Non riesce a restituire la complessità dell’opera, probabilmente per non averla compresa; semplifica, si ferma sulla scorza, enfatizzando il livello più evidente, quello tutto interno al teatro, viziato forse anche dalla familiarità con quel tipo di dinamiche.
Se il doppiaggio ha sempre l’obbligo di scomparire, qui invece si svela continuamente, aggiungendo un nuovo piano di rappresentazione che sovrasta tutti gli altri, e così da un lato non giova alla comprensione e al godimento del film e dall’altro, anche se qua e là la folla di significati prepotentemente comunque emerge, crea un disturbo, mostra il proprio posticcio sia nel dialogo infarcito di doppiaggismi (fare la cosa giusta, per tutto il tempo, drink, patetico), per di più con qualche caduta nel similsinc, sia nella recitazione manieristica, sempre sopra le righe, troppo ansiosa di essere all’altezza, ovvero di essere.
La stessa ansia, così umana, che tormenta i personaggi del film e tutti noi.
Giovanni Rampazzo
![]() |
||
![]() |
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
La redazione si riserva la facoltà di pubblicare i contributi inviati, fatto salvo ovviamente ogni diritto di replica.