Recensioni Reviews
Scheda
Soggetto:
Dennis Lehane (dal romanzo omonimo)
Sceneggiatura:
Ben Affleck, Aaron Stockard
Regia:
Ben Affleck
Prodotto da:
MIRAMAX FILMS, THE LADD COMPANY, LIVEPLANET
Distribuito da:
WALT DISNEY STUDIOS MOTION PICTURES, ITALIA
Edizione italiana:
DEA 5
Dialoghi italiani:
SILVIA MONELLI
Direttore del Doppiaggio:
ALIDA MILANA
Assistente al doppiaggio:
ALESSIA CICCORELLI
Fonico di doppiaggio:
ANTONELLO GIORGIUCCI
Fonico di mix:
FRANCESCO CUCINELLI
Sonorizzazione:
TECHNICOLOR SOUND SERVICES
Supervisione artistica:
ROBERTO MORVILLE
Voci:
Casey Affleck:
SIMONE D'ANDREA
Michelle Monaghan:
DANIELA CALÒ
Amy Ryan:
CHIARA COLIZZI
Ed Harris:
LUCA BIAGINI
Morgan Freeman:
VITTORIO DI PRIMA
John Ashton:
RODOLFO BIANCHI
Amy Madigan:
ANNA MELATO
Titus Welliver:
ANGELO MAGGI
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dialoghi italiani |
1 | |||
direzione del doppiaggio |
2,5 | |||
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Il tema ci sarebbe pure (è più giusto lasciare un bambino a un destino molto probabilmente abietto o costruirgliene uno migliore, anche a costo di andare contro le regole?), ma lo svolgimento è banale e confuso, e così Gone baby gone non riesce mai a spiccare il volo da una dimensione telefilmettara, grazie anche al protagonista Casey Affleck, che non sembra avere altri pregi oltre quello di essere il fratello del regista Ben Affleck.
Il doppiaggio italiano si adegua e somma a una direzione delle voci appena sufficiente, ma comunque mancante di motivazione e intenzione e quindi quasi sempre di maniera, dialoghi approssimativi, confusi e spesso fuori luogo, evidentemente fuorvianti non solo per lo spettatore ma anche per gli attori al leggio. Del resto, non sarà stato facile far recitare ai dei professionisti duetti del tipo:
- Dimentica l’altra sera e diventeremo amici
- E se non lo faccio?
- È un sì dal quale dovresti tenerti alla larga
Ecco, lo stile è questo, e così sentiamo il malavitoso usare (e per ben due volte nella stessa battuta) l’inusuale e inadeguata espressione «picchiare sulla porta», il poliziotto fai-da-te Ed Harris cercare di convincere l’investigatore pivello che il mondo fa schifo infilando due “di brutto” uno dietro l’altro nella battuta «lei è là picchiata di brutto, lui lo prende e lo sbatte di brutto sul pavimento», il fratello della madre tossica decrivere il di lei alcolismo con l’inutile eufemismo «beve tutti i giorni», la suddetta tossica, in un eloquio peraltro pieno di cazzi, dare all’investigatore del “gay” e concludere la battuta con l’ormai “memorable quote” «sono tornata all’appartamento».
Ma quel che più disturba, e spiace dirlo ma mostra tutta la mano femminile della dialoghista, è il modo sgangherato e iperdoppiaggese di rendere il clima di emarginazione che il povero Affleck aveva pur tentato di costruire. Purtroppo non basta ficcare un “fottuto” ogni tre parole; l’unico effetto è la noia.
Piccolo e finale appunto: anche qui, come nel per il resto imparagonabile Mystic river, non si è riusciti a rendere la matrice della comunità irlandese di Boston.
Giovanni Rampazzo
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