Recensioni Reviews
Scheda
Sceneggiatura:
Paul Laverty
Regia:
Ken Loach
Prodotto da:
SIXTEEN FILMS, TORNASOL FILMS, SPI INTERNAT., FILMSTIFTUNG NORDRHEIN-WESTFALEN, FILMFOUR, EMC, BIM
Distribuito da:
BIM
Edizione italiana:
CI.TI.EMME
Dialoghi italiani:
FABRIZIA CASTAGNOLI
Direttore del Doppiaggio:
FABRIZIA CASTAGNOLI
Assistente al doppiaggio:
ALESSIA LA MONICA
Fonico di doppiaggio:
ROBERTO ROSSI
Fonico di mix:
FABRIZIO PESCE
Sonorizzazione:
PCM AUDIO
Voci:
Kierston Wareing:
FRANCESCA FIORENTINI
Juliet Ellis:
LAURA BOCCANERA
Raymond Mearns:
LUIGI FERRARO
Colin Caughlin:
DANTE BIAGIONI
Leslaw Zurek:
OLEK MINCER
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dialoghi italiani |
2,5 | |||
direzione del doppiaggio |
4 | |||
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Non è più tempo per l’ironia di Riff Raff o di Piovono pietre. In questo mondo libero non rimane che l’amaro in bocca di essere solo personaggi di una guerra tra poveri, senza neanche la consolazione di un nemico visibile, di una signora Thatcher di turno con cui prendersela: in fondo siamo tutti come Angie, pronti a sfruttare chi sta solo un po’ peggio di noi. E non c’è nessuna speranza di riscatto, niente pane e rose da riconquistare: anche una donna giovane (categoria che più precaria non si può, da noi) può diventare inflessibile carnefice così, senza tante chiacchiere, solo perché ha già dovuto cambiare trenta lavori e tiene il criaturo. E a chi come il vecchio padre si chiede se stiamo tornando ai vecchi tempi, la risposta arriva chiara come una granata: no, quei tempi sono finiti con il funerale della classe operaia di Paul, Micky e gli altri, siamo ormai ben oltre ogni morale, ogni solidarietà, ogni umanità. A meno che non si voglia prendere in considerazione l’unica risposta possibile in un mondo del lavoro in cui gli attori classici (classe operaia – padroni – sindacato) sono saltati: la nascita dalla base di cellule violente – ultima spiaggia dell’umanità incatenata - che rispondano agli effetti del pensiero unico colpo su colpo.
La versione italiana di In questo mondo libero è condotta con qualche sciatteria ma rimane nella media della decenza, senza grandi voli e con alcune cadute: tra tutte segnalo – oltre all’ennesimo “fottuto bastardo” che sarebbe dignitoso far sparire dal lessico del doppiaggese – l’uso di “lavoro temporaneo” a tradurre “temporary work” invece di “lavoro interinale”, scelta che, oltre a essere un inutile calco, rischia di nascondere il pericolo della nostrana, apparentemente moderna e innocua, definizione. C’è, insomma, come la sensazione che si sarebbe potuto fare di più, anche sul piano del sinc, piuttosto trascurato. Buona invece la direzione, attenta sempre a riprodurre una recitazione naturale e spontanea. Molto azzeccata la scelta delle voci, tutte ben incollate ai rispettivi ruoli.
Dicevamo che si sarebbe forse potuto fare di più, almeno noi che crediamo che il doppiaggio – se ben fatto – sia una benedizione, sicuramente per i distributori, ma anche per gli autori. Ken Loach invece è tra quelli che tuonano contro l’aberrante e infame pratica e poi fanno gli struzzi accettando che la loro opera sia doppiata, anche senza garanzie. Ci piacerebbe una sua, anche tardiva, presa di coscienza.
Giovanni Rampazzo
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